Usare i dati per un marketing data-driven
È ormai noto a tutti di come il digitale consenta la registrazione di una grande quantità di “dati”. Ogni nostra azione è tracciata: la quantità di dati che si genera è enorme. Si parla così di “Big Data” per definire la conoscenza estraibile dai dati – perché il dato senza conoscenza non racchiude alcun valore – facendo il verso a “Big Oil”, il grande business del petrolio: in effetti, la metafora che racconta i dati come se fossero il nuovo petrolio è stata citata ovunque, forse abusata.
Tuttavia, vi sono alcune sostanziali differenze, che concorrono a far vacillare la metafora del pozzo di petrolio. I dati non si esauriscono una volta utilizzati, ma una volta analizzati possono generare informazioni, accelerando altre forme di generazione di dati, altri modi per riutilizzarli, nuove tecniche per interpretarli.
La figura chiave è diventata infatti il “data scientist”, colui che non solo a sa utilizzare tecnicamente i dati, ma anche a fa ricerca, trasformandoli di fatto in valore. Questa particolare figura è spesso coinvolta anche in aspetti etici: cosa è lecito fare con i dati a disposizione? Molte persone ritengono che venga violato il nostro diritto alla privacy, e spesso sorgono preoccupazioni sull’utilizzo dei dati da parte delle grandi centrali di aggregazione, principalmente Google e Facebook.
I dati in ogni caso hanno spalancato gli orizzonti del digital marketing, forma di marketing che può avvalersi di conoscenze impensabili fino a qualche anno fa. Dobbiamo però partire dal presupposto che la raccolta e organizzazione dei dati non avviene mai automaticamente, ma è il frutto di processi tecnologici che le aziende devono avviare al loro interno. Questo è sempre il primo grande passo che muoviamo quando svolgiamo il ruolo di consulenti di marketing digitale per le aziende nostre clienti.
Dove sono questi dati che le aziende dovrebbero considerare come il loro petrolio?
I dati di Analytics. La piattaforma principale è Google Analtytics, che permette di tracciare il comportamento dell’ utente sui siti web.
I dati SEO: si tratta di dati forniti dai motori di ricerca, ma che sono resi fruibili attraverso software appositi, il cui utilizzo è abbastanza complesso.
I dati di Advertising: dati generati dalle campagne pubblicitarie online. C’è la possibilità di monitorare anche le singole impressions, ovvero le visualizzazioni dei banner pubblicitari, per arrivare a tracciare le singole conversioni. Per conversioni si intendono le azioni che vengono considerate come obiettivo: una richiesta di preventivo o un acquisto online.
I dati di Email Marketing. Spesso sono integrati con i dati provenienti da CRM aziendali. Sono spesso dati di enorme valore e quelli meno dipendenti da terzi. Qui dentro spesso si nasconde un vero tesoro per le aziende.
I dati dei Social Media: sono importantissimi per entrare in comunicazione diretta con l’utente. Attraverso un ascolto empatico, permettono di capire come viene percepita l’azienda, fornendo preziosi strumenti di supporto all’advertising.
Esistono quindi molti dati e ciascuno ha un suo significante. Per orientarsi, per le aziende è necessaria una strategia digitale attraverso la quale creare una sola visione. Bisogna cioè saper direzionare le singole forze in una sola direzione, prendendo decisioni più consapevoli e motivate. Non sarà mai possibile arrivare ad un’equazione perfetta. Così come in meteorologia, non c’è un’equazione che ci permette di prevedere i fenomeni atmosferici: è necessario misurare gli effetti globali delle singole azioni intraprese.
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Bruno Barbieri